PRINCIPIO DELLA OMNICOMPRENSIVITA’ DELLA RETRIBUZIONE LA RETRIBUZIONE NOZIONE

LOS PRINCIPIOS DEL DISEÑO DE INTERFACES APLICADOS A LOS
1 CONFIRMACIÓN DE LOS PRINCIPIOS DE DERECHO INTERNACIONAL RECONOCIDOS
183 EL ISLAM PRINCIPIOS Y FUNDAMENTOS ] ESPAÑOL [

1º PARA APLICAR ADECUADAMENTE EL PRINCIPIO DE SOBRECARGA
2 CROMATOGRAFÍA PRINCIPIOS GENERALES TEMA 2 CROMATOGRAFÍA PRINCIPIOS GENERALES
2 PRÁCTICAS PRINCIPIO ANTROPOLÓGICO DE LA ÉTICA (10X16) 1)

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PRINCIPIO DELLA OMNICOMPRENSIVITA’ DELLA RETRIBUZIONE


La retribuzione : Nozione

Ampiamente discusso in dottrina ed in giurisprudenza è il problema se esista una definizione giuridica unitaria del concetto di retribuzione, essendo varie e numerose le voci che la compongono.

A risolvere tale problema non contribuisce il legislatore, poiché con formule generiche consente solo di trarre una nozione di retribuzione alquanto dilatata.

Ciò infatti, ha indotto la giurisprudenza ad elaborare il concetto di “omnicomprensività” della retribuzione, principio in forza del quale tutto ciò che viene erogato al prestatore di lavoro dovrebbe essere compreso nel computo della stessa senza esclusione di alcuna voce (es.: periodo di ferie, tredicesima, ecc.).

Il suddetto concetto giurisprudenziale ha però subìto aspre critiche dalla dottrina intorno alla seconda metà degli anni ’70.

Infatti, alcuni autori sostenendo che tale principio non aveva fondamento normativo allora non si poteva neppure desumere dalle norme specifiche previste dal legislatore solo per fini specifici (es.: calcolo del T.F.R.).

Di conseguenza la conclusione è stata quella di essere concordi, in dottrina, di ritenere inesistente una norma di portata generale che consenta appunto di individuare una nozione unitaria ed unica di retribuzione, definizione che pertanto dovrà essere cercata solo sulla base degli elementi strutturali previsti di volta in volta dalla disciplina legale e contrattuale.

Successivamente a tali critiche, anche la giurisprudenza, soprattutto di Cassazione, recependole ha mutato orientamento arrivando così a negare un principio generale di omnicomprensività con la necessità, invece, di individuare ed interpretare singolarmente le norme e le disposizioni contrattuali (collettive ed individuali).

Tuttavia, resta valida, secondo l’art.2099 cod. civ., una prima classificazione che può evincersi dalla legge, secondo cui la retribuzione può essere stabilita a tempo, a cottimo, con la partecipazione ad utili o a prodotti, a provvigione o in natura.

Tra tali sistemi retributivi, prevalente è il criterio della retribuzione a tempo, essendo l’unica forma che garantisce ai lavoratori una minima retribuzione fissa ex art.36 Costituzione, assumendo invece tutti gli altri solo un carattere residuale.

Accanto alla retribuzione a tempo ed ai sistemi residuali, di grande applicazione pratica è inoltre il cottimo, disciplinato dagli artt.2100 e 2101 cod. civ., anche se permane come principale fonte di regolamentazione sempre la contrattazione collettiva.

Il cottimo è una modalità di retribuzione basata sul rendimento del lavoratore e, quindi, sulla quantità di lavoro prestato, con ciò superando la vecchia e tradizionale impostazione che attribuiva, al contrario, rilevanza al solo risultato della prestazione lavorativa in relazione ad un tempo standard, poiché condizionante l’attività lavorativa a fattori diversi ed esterni all’espletamento della stessa.


IL CUNEO FISCALE (o cuneo contributivo) consiste nella differenza tra l’onere del costo del lavoro ed il reddito effettivo percepito dal prestatore d’opera, in quanto l’importo rimanente è versato al fisco ed agli enti di previdenza.


I CONTRATTI DI RIALLINEAMENTO


I contratti di riallineamento costituiscono atti negoziali posti in essere al fine di favorire l’emersione di realtà aziendali sommerse e basate sul sottosalario.

Introdotti recentemente, dapprima con la legge 3/08/1990 n.210, con riferimento esclusivo ale piccole e medie aziende dell’Italia Meridionale, successivamente e da ultimo hanno trovato compiuta disciplina nella legge 17/05/1999 n.144 che è intervenuta, con varie modifiche, alla legge 28/11/1996, n.608 a sua volta già modificata rispettivamente dalle leggi 24/06/1997, n.196 e 23/12/1998, n.448.

Pertanto, la legge 608/1996 all’art.5, come attualmente modificato, prevede un ambito di applicabilità di tali contratti più esteso di quello precedente, operando infatti un’estensione a tutte le aziende meridionali che siano state individuate dal trattato comunitario CEE.

Il fine perseguito dai contratti di riallineamento è nella ratio del legislatore quello di conservare i livelli occupazionali esistenti nelle imprese con una graduale regolamentazione in quelle zone dell’Italia laddove non sia applicata la contrattazione collettiva oppure diversamente la realtà economica e sociale ne sconsigli momentaneamente l’attuazione.

La normativa disciplinante tali contratti prevede soprattutto un trattamento sanante per quelle imprese che abbiano omesso di denunciare i propri lavoratori agli Istituti previdenziali o abbiano corrisposto agli stessi retribuzioni addirittura inferiori al minimo contrattuale.

Infatti, a tali aziende è consentito recepire, attraverso un precipuo accordo di carattere aziendale, accordi provinciali di riallineamento retributivo alla cui stipulazione prendano parte delle organizzazioni sindacali locali e le relative associazioni imprenditoriali.

Tuttavia, tali accordi provinciali è necessario che contengano programmi di un riallineamento graduale dei trattamenti retributivi ed economici dei lavoratori rapportati ai livelli corrispondenti della contrattazione collettiva nazionale di lavoro. Successivamente, recepiti da un accordo aziendale al quale devono partecipare i medesimi sindacati dei lavoratori che abbiano provveduto alla stessa stipulazione dell’accordo provinciale di riallineamento, devono essere depositati presso la Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competente entro 30 gg.

Ulteriore incentivazione ad attuare contratti di riallineamento è dato, inoltre, dalla possibilità che i datori di lavoro hanno di regolarizzarsi anche in materia di igiene e sicurezza del lavoro con ciò attuando una completa sanatoria della propria realtà aziendale non solo con riferimento ad inadempimenti retributivi e contributivi.


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a cura di Antonio Belsito

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LA RETRIBUZIONE

Art. 36: Costituzione Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa.

La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.

Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.


Codice Civile:

Art. 2099 (Retribuzione).

La retribuzione del prestatore di lavoro può essere stabilita a tempo o a cottimo e deve essere corrisposta con le modalità e nei termini in uso nel luogo in cui il lavoro viene eseguito.

In mancanza di accordo tra le parti, la retribuzione è determinata dal Giudice.

Il prestatore di lavoro può anche essere retribuito in tutto o in parte con la partecipazione agli utili o ai prodotti, con provvigione o con prestazioni in natura.

Art. 2100 (Obbligatorietà del cottimo). Il prestatore di lavoro deve essere retribuito secondo il sistema del cottimo quando, in conseguenza dell’organizzazione del lavoro, è vincolato all’osservanza di un determinato ritmo produttivo, o quando la valutazione della sua prestazione è fatta in base al risultato delle misurazioni dei tempi di lavorazione.

Le norme corporative determinano i rami di produzione e i casi in cui si verificano le condizioni previste nel comma precedente e stabiliscono i criteri per la formazione delle tariffe.

Art. 2101 (Tariffe di cottimo). Le norme corporative possono stabilire che le tariffe di cottimo non divengano definitive se non dopo un periodo di esperimento.

Le tariffe possono essere sostituite o modificate soltanto se intervengono mutamenti nelle condizioni di esecuzione del lavoro, e in ragione degli stessi. In questo caso la sostituzione o la variazione della tariffa non diviene definitiva se non dopo il periodo di esperimento stabilito dalle norme corporative.

L’imprenditore deve comunicare preventivamente ai prestatori di lavoro i dati riguardanti gli elementi costitutivi della tariffa di cottimo, le lavorazioni da eseguirsi e il relativo compenso unitario. Deve altresì comunicare i dati relativi alla quantità di lavoro eseguita e al tempo impiegato.

Disciplina del trattamento di fine rapporto

Art.2120 codice civile. In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.

Salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua, ai fini del comma precedente, comprende tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese .

In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell’anno per una delle cause di cui all’articolo 2110, nonché in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l’integrazione salariale, deve essere computato nella retribuzione di cui al primo comma l’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.

Il trattamento di cui al precedente primo comma, con esclusione della quota maturata nell’anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall’ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.

Ai fini dell’applicazione del tasso di rivalutazione di cui al comma precedente per frazioni di anno, l’incremento dell’indice ISTAT è quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello di dicembre dell’anno precedente. Le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese intero.

Il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70 per cento sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta.

Le richieste sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10 per cento degli aventi titolo, di cui al precedente comma, e comunque del 4 per cento del numero totale dei dipendenti.

La richiesta deve essere giustificata dalla necessità di:

a) eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;

b) acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile.

L’anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine rapporto.

Nell’ipotesi di cui all’articolo 2122 la stessa anticipazione è detratta dall’indennità prevista dalla norma medesima.

Condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da patti individuali. I contratti collettivi possono altresì stabilire criteri di priorità per l’accoglimento delle richieste di anticipazione.


ELEMENTI DELLA RETRIBUZIONE

LA TUTELA DEL CREDITO DI LAVORO

Art. 429 c.p.c. (Pronuncia della sentenza). Nell’udienza, il giudice, esaurita la discussione orale e udite le conclusioni delle parti, pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio dando lettura del dispositivo.

Se il giudice lo ritiene necessario, su richiesta delle parti, concede alle stesse un termine non superiore a dieci giorni per il deposito di note difensive, rinviando la causa all’udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine suddetto, per la discussione e la pronuncia della sentenza.

Il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito, condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto.

Art. 431 c.p.c. (Esecutorietà della sentenza). Le sentenze che pronunciano condanna a favore del lavoratore per crediti derivanti dai rapporti di cui all’art. 409 sono provvisoriamente esecutive.

All’esecuzione si può procedere con la sola copia del dispositivo, in pendenza del termine per il deposito della sentenza.

Il giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione sia sospesa quando dalla stessa possa derivare all’altra parte gravissimo danno.

La sospensione disposta a norma del comma precedente può essere anche parziale e, in ogni caso, l’esecuzione provvisoria resta autorizzata fino alla somma di € 258,23

Le sentenze che pronunciano condanna a favore del datore di lavoro sono provvisoriamente esecutive e sono soggette alla disciplina degli artt. 282 e 283 .

Il giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione sia sospesa in tutto o in parte quando ricorrono gravi motivi.

Art. 545 c.p.c. (Crediti impignorabili). Non possono essere pignorati i crediti alimentari, tranne che per cause di alimenti e sempre con l'autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui delegato e per la parte dal medesimo determinata mediante decreto. Non possono essere pignorati crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell'elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternita', malattie e funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza. Le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennita' relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato. Tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito. Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non puo' estendersi oltre la meta' dell'ammontare delle somme predette]. Restano in ogni caso ferme le altre limitazioni contenute in speciali disposizioni di legge.

Art.2751 bis cod.civ. (Crediti per retribuzioni ...) Hanno privilegio generale sui mobili i crediti riguardanti : 1) le retribuzioni dovute, sotto qualsiasi forma, ai prestatori di lavoro subordinato e tutte le indennità dovute per effetto della cessazione del rapporto di lavoro, nonché il credito del lavoratore per i danni conseguenti alla mancata corresponsione, da parte del datore di lavoro, dei contributi previdenziali ed assicurativi obbligatori ed il credito per il risarcimento del danno subito per effetto di un licenziamento inefficace, nullo o annullabile; 2) le retribuzioni dei professionisti e di ogni altro prestatore d’opera intellettuale dovute per gli ultimi due anni di prestazione. (omissis)



216 IDEA ELEMENTAL DEL PRINCIPIO DE FUNCIONAMIENTO DEL RADAR
23 OCLUSIÓN PRINCIPIOS EN OCLUSIÓN CAUSAS DE SU DESCUIDO
27 PRINCIPIO DE PRECAUCIÓN POLÍTICAS PÚBLICAS Y RIESGO


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