LIBERI TUTTI IN PREPARAZIONE ALL’AZIONE SERALE AL MATTINO ERAVAMO

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LIBERI TUTTI IN PREPARAZIONE ALL’AZIONE SERALE AL MATTINO ERAVAMO
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LIBERI TUTTI

LIBERI TUTTI



In preparazione all’azione serale, al mattino eravamo andati a fare un sopralluogo. Ciro, che ormai aveva preso la necessaria confidenza con me e con la mia moto, sedeva dietro. La piazza era assolata. Non un albero, solo qualche cartellone pubblicitario per cercare un po' d'ombra. Una distesa di automobili arroventate, parcheggiate disordinatamente al centro, separava la zona aperta al traffico da quella, più degradata, che ci interessava: quella in cui - tra tanta polvere, buche ovunque nel manto stradale, brecciolino e immondizia, qua e là anche qualche siringa - un gruppo di ragazzini vocianti si dava da fare a giocare agli adulti.

"Uno dei due avrà una valigetta di pelle nera floscia con dentro la roba", gli dissi. "Mi raccomando, quella nera. Sarà là, davanti a quelle serrande abbassate. Quelle due prima dell'angolo. Sono chiuse da sempre, non ho idea cosa ci sia dietro ma sicuramente saranno chiuse anche stasera. Anche vigili e polizia qui non si vedono mai, da anni.”

Sulla faccia di Ciro, che osservava con attenzione, era affiorato un sorriso, quasi come una smorfia. Strano, pensai, non mi sembrava il tipo che si esalta all’idea del pericolo e della violenza. E infatti stava pensando ad altro.

Da bambino abitavo in questa zona”, mi disse. “Già allora quelle serrande erano sempre abbassate. Venivamo spesso qui a giocare, uno sciame di ragazzetti scalmanati. Nascondino era il nostro gioco preferito; e a volte guardia e ladri, anche se nessuno voleva mai fare la guardia. Poi arrivò il figlio di un carabiniere, un armadio per la sua età, e allora giocavamo anche a guardia e ladri.”

Non sei più un bambino, Ciro. Ora sei grande. Le cose adesso sono serie, non è più tempo di giocare”, gli dissi.

Ma anche allora giocare non era cosa semplice. C’era sempre qualche prepotente che in barba alle regole faceva a modo suo. Regolarmente nascevano accese discussioni, e talvolta si passava alle mani. Per fortuna in quei casi interveniva sempre qualche adulto a separarci.”

Ciro rimase un po’ a meditare. Chissà a cosa: forse a suo padre, che non aveva mai visto; forse a sua madre che, sul letto di morte, aveva deciso di mandarlo in collegio per toglierlo dalla strada, senza riuscirci; forse solo ai suoi giochi di bambino.

Adesso facciamo un salto a vedere quei due. Forse ti è già capitato di vederli, i gemelli: comunque qui ci sono delle foto.”

Si, si, li ho visti qualche volta, quelle facce da …”

Adesso te li faccio rivedere.” Riavviai la moto dirigendomi verso il corso. “Quando non fanno altri danni se ne stanno in quel negozio di fiori laggiù. E se qualcuno è in ritardo coi pagamenti, glie lo ricordano con un bel mazzo di fiori. Che gentiluomini!!”

Mi fermai con la moto fuori dal negozio per qualche istante. Quando riuscimmo a vederne uno, ripartimmo. “Se ne hai visto uno hai visto anche l’altro, tanto si somigliano come gocce d'acqua.”


La stessa piazza di notte sembra un'altra. C'è molta più confusione. Un vociare di ragazzi e ragazze e frequenti sgassate di motorini, irrequieti e impazienti di mettersi in mostra, si concentrano tra il bar e la vicina fermata dell'autobus sotto i due unici lampioni accesi.

La distesa di macchine addormentate continua a dividere la piazza nelle stesse due zone, ma di notte verrebbe piuttosto da individuarle come la parte viva, illuminata dai due lampioni e dalle insegne del bar, e la parte morta e buia. Quest'ultima del tutto buia non è, perché per fortuna non hanno potuto spegnere o offuscare la luna né le luci alle finestre delle abitazioni. Non è neanche del tutto morta, ma morente sì, questo lo direi proprio: perché quando il tuo occhio si abitua al suo buio riesci a distinguere, resi ancor più pallidi dalla luce lunare, delle specie di fantasmi, di spettri. Alcuni, solitari o in coppie, vagano nel parcheggio oppure vi cercano un nascondiglio; altri formano dei capannelli. Occhi spenti; volti sciupati, aggrediti da barbe incolte o scavati da quella malattia che arriva ad annunciare la loro morte. Bisbigliano, piuttosto che parlare; a volte dai due gruppetti davanti a quelle serrande sempre chiuse scappa qualche grido, qualche urlo disperato subito soffocato.

Spiegai a Ciro che la cosa doveva funzionare all'incirca così: uno dei due gemelli provvedeva all'identificazione dell'acquirente e alla riscossione anticipata del dovuto. Spesso, anziché in contanti, andava bene qualche oggetto il cui valore veniva stimato e contrattato lì per lì. Dopo di che l'altro gemello, quello con la borsa nera, provvedeva alla distribuzione della quantità pattuita. Tre o quattro scugnizzi armati svolgevano le mansioni di guardia del corpo e servizio d'ordine: perché i due gemelli, che ci tenevano ad apparire gentiluomini, non andavano mai in giro armati.


Ciro aveva il giubbotto antiproiettile. Nonostante il buio, già dal sellino della mia moto aveva individuato tutto: i gemelli, gli scugnizzi, la borsa nera floscia con la roba e quella del cassiere. Lo lasciai alla fermata dell'autobus, dove l'avrei aspettato. Scese e lo vidi sgusciare abilmente tra le macchine, col passo felpato delle sue scarpe di gomma. Si dimostrò abilissimo, in un attimo era là a confondersi con gli altri, ombra tra le ombre, in mezzo al capannello. Dopo un attimo ne era già fuori, aveva in mano la borsa nera floscia e nessuno sembrava essersene accorto: un lavoro perfetto. Peccato che poi … chissà cosa gli è saltato in mente. Forse è stata la rabbia per tutte quelle persone abuliche, così passivamente schiavizzate da un paio di farabutti e dalla loro terribile polverina bianca. Poteva venirsene via tranquillamente senza che nessuno se ne accorgesse, approfittando del vantaggio acquisito. E invece, prima di correre verso di me che lo aspettavo col motore acceso, ha voluto fare un gesto eclatante, clamoroso, simbolico, battendo con la mano sulla serranda per attirare l'attenzione di tutti e gridando "Tana liberi tutti", come se stesse ancora giocando a nascondino. Poi è stato rapidissimo nella corsa; ma uno degli scagnozzi ha fatto in tempo a sparargli. Chissà, magari non si erano ancora neanche accorti che mancava la borsa. Quando è saltato sulla moto e ho sentito le sue braccia con la borsa serrarsi saldamente attorno al mio petto sono partito a razzo. Solo dopo mi sono reso conto che la borsa era ancora aperta, e una parte del suo contenuto era andata persa, disseminata durante fuga. E solo dopo, sentendo la presa di Ciro allentarsi, mi sono reso conto che era stato colpito. Nonostante il giubbotto antiproiettile perdeva sangue, gocce di sangue che, come le briciole di Pollicino, tracciavano il percorso della nostra fuga.


Insomma, l'incursione nel complesso si può dire che sia riuscita solo in parte; e anche se Ciro ora è guarito, di fatto non è più operativo. Non tanto fisicamente, quanto perché non può più essere considerato affidabile. Un po' fuori di testa, insomma inadatto per certi tipi di azioni. Perciò la sua carriera è finita, almeno in questa zona.

Non sono stato io a riferire ad alcuno di quel suo stupido gesto: ma le voci corrono, la gente parla. Anche se molti, nel quartiere, parlano di Ciro come di un eroe.


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